L’uomo senza tonno

l'uomo senza tonno

L’uomo senza tonno VS Marco Giarratana o L’uomo senza tonno feat Marco Giarratana? “L’uomo senza tonno è una parte di me, quella più leggera e cazzona, attualmente quella più creativa ma di recente sempre più “impegnata”. Non c’è dualità, bensì compensazione. Non ci sono due persone diverse”.

Si racconta così Marco, quel Marco sempre uguale a se stesso, sia che appaia in video in una Instagram Stories o faccia la spesa rompendo le scatole ai venditori per sapere vita, morte e miracoli di ciò che hanno sulle bancarelle, sia che parli al telefono coi suoi genitori o esca a farsi una birra con gli amici. Non c’è frattura, non c’è Persona vs Personaggio, o meglio, c’è il Personaggio che è però gestito dalla Persona e non viceversa.

Chi si nasconde dentro di te e in che percentuale? Scièf, fudbloggah, musicante, scrittore… Nel sito dici di essere tutto ciò e niente di tutto ciò, allora capiamo di cosa sei fatto.
Sono sempre stato allergico alle etichette, sebbene siano necessarie alla maggior parte delle persone per ordinare il mondo intorno a loro. In verità io sono un umanista che cucina, che scrive, che suona (per adesso non più, ma un giorno potrebbe tornarmi la voglia). Sono un essere pensante e rifletto su tutto ciò che mi accade intorno, cerco di interpretare il caos contemporaneo secondo la mia esperienza e le mie regole morali e la cucina è stato fin qui un mezzo per conoscermi meglio. Mi approccio a ogni cosa con lo spirito di un bambino curioso che deve scoprire più cose possibili e cerco di fare interagire le mie conoscenze integrandole negli ambiti in cui agisco, che sia creare un piatto o scrivere una canzone. La curiosità è la mia più grande insegnante.

Prima maneggiavi musica, ora maneggi mestoli. Da cosa ha origine questo passaggio?
In apparenza sembrano due cose slegate e invece hanno tanti punti di contatto. Ho scritto un album da solista senza saper suonare uno strumento, tutto al computer andando “a orecchio”. Ho trasposto questo metodo in cucina, la mia è una Cucina A Orecchio, vado per istinto, per assonanze e consonanze, quando immagino un piatto lo sto arrangiando mentalmente, sto facendo interagire i vari elementi per raggiungere un’armonia, un equilibrio. Lo stesso procedimento avviene quando si compone musica, prima si asseconda l’ispirazione, che sia una melodia vocale o un semplice giro strumentale (che nel caso del piatto è l’ingrediente che accende la miccia), poi si passa all’arrangiamento, alla costruzione dell’impalcatura sonora affinché i suoni trovino spazio nel panorama della canzone. E lo stesso avviene nel piatto, cambia solo la materia con cui si lavora.

scièf

Come ti sei formato a livello culinario? E come ti mantieni informato?
Ho iniziato a cucinare da solo, provavo paste al forno e risotti a casa, che poi non sono piatti facilissimi. Quando ho perso casa e lavoro a fine 2015 e mi sono dovuto reinventare ho scoperto di avere un talento che non avevo ancora esplorato, quello ai fornelli. All’inizio, dovendomi misurare in un ambiente nuovo e competitivo pensavo che il mio essere autodidatta fosse un handicap. Invece col tempo ho compreso che era un punto a mio favore, ero libero dagli schemi accademici, dai “Questo Si Fa Così”. Ovviamente ho comprato una caterva di libri – più di cento in un solo anno tra ricettari e saggi sulla cucina e l’alimentazione – ho studiato e continuo a studiare, interpreto le nozioni con cui entro in contatto e adesso, dopo quasi 3 anni, posso affermare di avere qualcosa da dire, non solo nel piatto ma anche concettualmente.
La verità è che non mi tengo informato, nel senso che non leggo siti di cucina che pensano più a trattare di Food piuttosto che di Cibo. E la differenza non è casuale, il Food è il gossip del Cibo. A me interessano gli ingredienti e i procedimenti, per questo mi acculturo leggendo libri. Sono rimasto analogico sebbene sia immerso del tutto nel mondo digitale e mi sta benissimo così.

Completa:
– cucinando ascolti musica: non ascolto musica perché ho bisogno di concentrazione, soprattutto se devo provare un piatto nuovo e devo memorizzare tempi, passaggi e quantità;
– ascoltando musica mangi: dipende, a volte sì, a volte no. Ascolto molta musica quando sono fuori, mi piace camminare e pensare coadiuvato dalla giusta colonna sonora. Anche adesso che rispondo a queste domande ho della musica in cuffia (per l’esattezza le Quattro Stagioni di Vivaldi, una delle mie opere classiche preferite in assoluto);
– i tuoi piatti hanno uno stile punk, rock, metal, pop o grunge?: per i sapori netti che cerco di creare è Metal allo stato puro, una musica che non ammette compromessi. Uso gli ingredienti più al naturale possibile, tipo per una crema di verdure al massimo uso del brodo vegetale, ma niente olio o burro. Restringo fino a che non viene su l’essenza dell’ortaggio. Ecco, il Metal va all’essenza delle cose, scava fin dentro al midollo. Voglio che nei miei piatti si sentano forti e chiari sapori i sapori della materia prima che utilizzo senza camouflage o sofisticazioni;
– se la tua musica fosse un piatto sarebbe un: gamberone con lardo e vaniglia e una granita piccante di frutta. Piatto pieno di contrasti, come la mia personalità, uno dei più riusciti che abbia creato finora;
– in cucina non puoi fare a meno di (uno strumento): il colino per filtrare le creme. Oltre ai miei amati coltelli giapponesi, i miei figli;
– in cucina non puoi fare a meno di (un ingrediente): la verdura di stagione. Non voglio apparire retorico, ma quando al mercato trovo ingredienti che si vede lontano un miglio che sono stati coltivati con decoro e responsabilità, il mio umore cambia in meglio, so che sto dando un contributo, mi sento parte di un sistema. La verdura di stagione è un ingrediente essenziale (e la stagionalità riguarda anche carne, pesce e formaggi, ma tante persone non lo sanno).

La situazione più assurda/imbarazzante in cui ti sei trovato nei tuoi servizi a domicilio? E, per par condicio, quella più divertente?
Ho un’etica professionale e non dirò mai cosa di imbarazzante possa essere accaduto, se mai fosse accaduto. Posso comunque dire che ho fronteggiato difficoltà non da poco, tipo cucinare un risotto versando il brodo incandescente con le tazzine da caffè perché in casa non c’era un mestolo, o dover cuocere delle robe al forno in un appartamento al primo piano mentre cucinavo la pasta al settimo perché il contatore dell’energia elettrica non reggeva fuochi a induzione e forno accesi in contemporanea. Fare il cuoco a domicilio è difficilissimo, richiede una capacità di problem solving gigantesca.

Chi speri ti contatti per il servizio di scièf a domicilio? Cosa gli prepareresti?
Persone curiose che mi tempestano di domande sul perché e percome di questo piatto o dell’uso di quell’ingrediente e che non hanno timore a testare sapori nuovi. Sul cosa, non so, per ogni cena adesso faccio sempre un menu diverso, dipende dalle esigenze dei commensali e da ciò che trovo al mercato. È più stimolante per me, posso lavorare di fantasia costantemente.

Il tuo piatto forte?
I miei piatti cambiano in continuazione e non mi piace cucinare lo stesso piatto più volte, ma ho comunque dei must: il polpo a bassa temperatura con crema di verdure di stagione, le crêpes con farina di canapa e semi di lavanda. Ho due piatti che non ho mai cambiato da quando ho trovato la quadra e sono due risotti: uno con capesante, taleggio e scorza di lime e un altro con seppia e il nero, nduja e mousse di Robiola di Roccaverano allo zafferano. Quest’ultimo secondo me racchiude tanto della mia personalità, c’è il pesce e c’è la carne, c’è la parte acidula e amara, c’è il piccante. E poi è nero screziato di giallo. Molto Metal.

Un piatto “ritenta e sarai più fortunato”?
Lo dico con amarezza: l’uovo in camicia. Non me n’è mai riuscito uno finora, ma non lo provo da più di un anno. Magari adesso…

La tua regione italiana culinaria del cuore?
Non ne ho una specifica, ogni regione ha le sue peculiarità e i suoi tesori gastronomici. Di certo prediligo i piatti della tradizione che raccontano la storia di un luogo piuttosto che la cucina gourmet o presunta tale, anche se non sono contrario e la sperimentazione mi interessa. L’estate scorsa sono stato in Campania e ho scoperto una quantità di roba stupenda, però essendo siciliano non posso rinnegare le mie origini e i sapori con cui sono cresciuto.

Birra o vino? Se birra, quale tipologia? Se vino, quale?
Di gran lunga il vino, non sono un grande estimatore delle birre artigianali, a mio avviso spesso inconciliabili a un pasto con più portate, checché ne dicano i sostenitori del marketing ricamatoci attorno. Preferisco berle in autonomia, quando capita. Sto frequentando un corso di assaggiatore vino per comprenderne meglio il linguaggio: per me il vino è come un sistema linguistico da decifrare. Da quando ho iniziato bevo con molta più attenzione e ho scoperto alcuni vitigni che sono subito entrati tra le mie grazie come lo Schioppettino, il Verduno Pelaverga e il Freisa. Ho ancora tantissimo da imparare, mi toccherà stare col calice sempre pieno.

All’uomo senza tonno chiedo un piatto a base di tonno. Vai di ricetta:
Una roba semplice. Un filetto di tonno prima marinato con salsa di soia e miele di castagno per un’ora e mezza, poi passato in forno accompagnato da un crema di cipolle fatta in casa – facendo appassire in tegame le cipolle con un filo d’olio e un po’ di brodo vegetale, poi frullate e setacciate e facendo ridurre la crema sul fuoco – e dei pomodorini essiccati, un costante gioco di dolce/salato che si sposa bene con la carne del tonno. Ovviamente, fresco, non in scatola.

Evoluzioni future del tuo lavoro?
Il mio obiettivo è diventare un cuoco divulgatore, continuare a cucinare e sperimentare, ma nel contempo studiare e ampliare le mie conoscenze in modo da poterle trasmettere a chi vuole stare a sentirmi. Credo che nel mondo degli influencer, a cui dolente o nolente appartengo, manchi la “missione culturale”, c’è tanto narcisismo fine a se stesso ma poca sostanza, poca voglia di trasmettere sapere. Forse perché, in fondo, ce n’è meno di quel che si vuol far credere.

Se uno volesse seguire le tue orme cosa gli consiglieresti?
Di essere se stesso perché la personalità paga sempre e rende riconoscibili in un mare gigantesco, ma parecchio piatto. Essere una copia di qualcun altro porta inevitabilmente all’estinzione. Io ho iniziato alla cieca, senza sapere che esistesse una figura professionale come quella del cuoco a domicilio. Non ho avuto modelli, non ho seguito nessuno, mi sono creato un mio stile e un mio metodo di lavoro strada facendo rimediando agli errori che man mano facevo. Essere se stessi poi permette di fare una cucina personale e unica, il che aumenta di valore ciò che si fa. E poi c’è lo studio, tanto studio.

Titolo: l’importanza dell’impiattamento. Svolgimento:
È la cosa che curo meno, sarà perché c’ho il rigetto per tutti quei piatti esteticamente stupendi ma privi di anima e sapore, e i ristoranti di Milano sono pieni di cose simili. Io poi nelle mie cene a domicilio decido l’impiattamento in pochi secondi, vedo i piatti da portata dei clienti pochi istanti prima di servire – perché uso i loro – quindi diciamo che i miei impiattamenti sono sempre improvvisati.

Titolo: l’importanza della materia prima. Genuinità a portata di mano. Svolgimento:
È alla base di qualunque piatto, nessuno escluso. Anzi, più la ricetta è semplice e con pochi ingredienti, più la materia prima dev’essere di qualità. E con questo non voglio dire che si debba spendere un intero stipendio, basta saperla scegliere bene. Più che soldi ci vogliono tempo e impegno. La maggior parte delle persone invece cerca la via più facile, la spesa al supermercato in cui frutta e verdura non hanno sapore, sono fatte in maniera standardizzata, non hanno una storia. Da quando faccio la spesa al mercato, non solo per le cene ma anche per me stesso, ho ricominciato a percepire i sapori degli ortaggi, della frutta. Qualcuno obietta che al mercato si spenda di più: è vero, ma è la spesa di una sola volta in una settimana e la roba dura un sacco in frigo – un mazzetto di rucola mi è rimasto intatto per 16 giorni, li ho contati. Al supermercato spendi di meno ma ci vai più volte alla settimana e spesso compri merce che deperisce in breve tempo e che devi buttare. Somma tutti gli scontrini di una settimana e vedrai che tutto sto risparmio non c’è, anzi, in rapporto alla qualità, spendi molto di più.

Marco Giarratana

In quale cucina vorresti lavorare?
Nella mia, in quelle delle case degli altri. Non potrei lavorare in un ristorante, sia perché dovrei ragionare come un’azienda stando attento a costi e ricavi e spesso per far quadrare i conti qualcosa va sacrificata e questo qualcosa è la qualità di ciò che offri, sia per il carattere che ho, stando sotto gli ordini di un altro chef rischierei di farmi licenziare. Non sopporto ricevere ordini e inoltre perderei l’entusiasmo a fare ogni giorno sempre gli stessi piatti, magari con una materia prima scadente. Ho bisogno di creare ed evolvermi, e questo posso farlo solo se ho libertà di manovra.

E tu da chi ti faresti cucinare cosa?
Da mia nonna, anche solo una volta per riassaggiare i suoi piatti, per chiederle come li fa, per insegnarmi qualche trucco. L’ho capito quando già non c’era più, ma solo perché è stato dopo che se n’è andata che mi sono appassionato al Cibo con la C maiuscola.

Una cosa bellabella del tuo lavoro:
Avermi fatto capire che il Cibo non è solo un agglomerato di nutrienti manipolati in una portata, che dietro ci sono tempo, sudore, ricerca, studio, che ci sono una quantità innumerevole di ambiti umani che confluiscono in un piatto: economici, ambientali, politici, culturali, storici, antropologici, scientifici, per dire i primi. Il Cibo mi ha avvicinato alle persone e permesso di migliorarmi nei rapporti con gli altri perché è un collante sociale enorme e, cosa non da poco, dover cucinare tutto da solo in ambienti sempre diversi mi ha aiutato a combattere l’ansia e a gestire lo stress, riuscendo ad applicare i nuovi schemi mentali nelle situazioni di tutti i giorni. Non credo sia una cosa di poco conto.

L’uomo senza tonno nei social:
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https://www.instagram.com/uomosenzatonno/

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