Margherita Ferrari | Oddkin

Margherita Ferrari

30 settembre 2021. “Marghe ciao! Ti voglio sul mio blog Capolettera, ci stai?”. “Ciao Margherita, sì, molto volentieri”. 21 marzo 2022 (esattamente il giorno dopo il primo giorno di primavera – 20/03/22, ore 16.33 equinozio di primavera, ndr). Margherita Ferrari e il suo progetto di Flower Farm & Studio, Oddkin, sono nero su bianco nel blog di storie belle.

Margherita Ferrari è una persona non binaria, ha 34 anni e vive a Vicenza. Non le riesce facile “sintetizzarsi”, perché nella vita ha intrapreso una grande varietà di percorsi e tutt’ora si trova a svolgere due lavori molto diversi l’uno dall’altro.

Ma, visto l’obiettivo di quest’intervista, potrei dire che coltivo fiori recisi in contesto urbano e li incorporo poi nel mio lavoro di design.

In un’altra situazione potrebbe descriversi, invece, come insegnante precariə o come co-fondatrice della rivista femminista Soft Revolution, che è andata in pensione qualche anno fa.

Oddkin

Dice bene, Margherita. È proprio sul progetto Oddkin che vogliamo concentrare la nostra attenzione. A partire dal naming: 0ddkin, cosa significa e che cosa è?

La parola oddkin viene dal libro “Chthulucene. Sopravvivere su un pianeta infetto” di Donna Haraway. Questo concetto descrive la possibilità di parentele che vanno oltre quelle di sangue e/o quelle che sono riconosciute e legittimate nella nostra società capitalista e patriarcale.
Nello specifico, oddkin racchiude la possibilità di parentele interspecie.
Quando stavo cercando un nome per il mio nuovo progetto agricolo, sono approdatə qui, perché cercavo una o più parole che raccontassero la complessità dell’amore incondizionato che provo per le creature oltre-l’umano che abitano il pianeta e, nello specifico, i contesti deturpati dall’intervento umano come la Pianura Padana. Volevo raccontare la fatica, il senso di lutto e il piacere che si legano all’essere testimoni attenti di ecosistemi in cambiamento.

fiori recisi

Flower Farm: come hai avuto questa intuizione? Sono diffuse in Italia? E in altri Paesi?

Ho deciso di focalizzarmi sulla coltivazione di fiori dopo che sono statə costrettə a lasciare il terreno sul quale avevo lavorato in precedenza. In quel contesto avevo dato maggior spazio agli ortaggi, in parte perché la superficie a disposizione era abbastanza estesa, ma anche perché il mio focus, da hobbista, erano state sempre le piante commestibili, che tendevo a coltivare in vaso e in situazioni improbabili. Dopo essermi spostatə nella location attuale, che è molto più piccola, ho deciso di concedermi l’opportunità di provare qualcosa di nuovo.

Ho visto i fiori come un potenziale spazio di guarigione dal trauma della mia prima vera esperienza agricola, nonché un possibile canale espressivo.

Fiori di stagione prodotti con tecniche rigenerative, si legge nella bio su Ig. Cosa significa esattamente?

Coltivare nel rispetto dei cicli stagionali delle piante è per me una pratica di buon senso, forse perché ho avuto la fortuna di poter esperire i sapori della frutta e della verdura maturata al sole e raccolta nel momento più appropriato dell’anno. Nel mondo della floricoltura non è ancora stato fatto il lavoro di divulgazione che potrebbe ipoteticamente portare la persona non adetta ai lavori o non appassionata di giardinaggio a riconoscere la stagionalità delle diverse fioriture.
Sta quindi a noi flower farmer iniziare questo percorso.
Sul fronte delle tecniche rigenerative, cerco di porre molta enfasi sulla salute del suolo con cui lavoro, in modo da stimolare la biodiversità delle creature che lo abitano e arrecare il minor disturbo possibile. Uno degli spazi chiave della flower farm è infatti la stazione di vermicompostaggio, presso la quale viene prodotto molto del materiale che uso per fertilizzare e per reintrodurre microrganismi benefici nel suolo e nei miei substrati di coltivazione.

terra

In cosa credi, dunque? Quali valori difendi e diffondi?

Oddkin è uno spazio all’interno del quale dedico molte energie all’esplorazione del floral design e della floricoltura come pratiche sostenibili e dall’impatto positivo. Da un lato le tecniche agricole rigenerative di cui sopra, unite all’offerta alla collettività di fiori locali, che non contengono prodotti di sintesi petrolchimica e che non hanno percorso centinaia o migliaia di chilometri per arrivare a destinazione.
Dall’altro, la proposta di composizioni di fiori create e confezionate con materiali riutilizzabili o interamente compostabili. Evito completamente la spugna in poliuretano espanso, che è altamente inquinante, e opto per alternative che possono tornare alla terra senza causare danni.

fiori

Tento inoltre di portare avanti una riflessione sull’accesso alla terra, che è un tema che mi tocca in prima persona. Molto spesso quando si parla di “ritorno dei giovani all’agricoltura” o di neorurali si ignora il fatto che un numero non indifferente di queste persone detengono terreni di famiglia.
Avviare un’attività agricola o anche solo avere accesso ad un pezzo di terra per imbastire un orto è molto difficile, soprattutto se si considerano variabili come l’accessibilità, la disponibilità di acqua per irrigare e la stabilità della terra stessa.
In questo momento coltivo in un giardino privato abbastanza grande che è stato gentilmente messo a disposizione da un’amica che supporta il mio progetto, ma si tratta di una situazione che ha una certa componente di precarietà. Come accennavo sopra, mi è già successo di perdere l’accesso al campo su cui avevo avviato la mia attività, perché non avevo legami di sangue con essa. Si tratta di un rischio enorme a livello economico, temporale ed emotivo, che chi possiede terra non deve considerare.
Visto il costo esorbitante della terra, oltre che degli immobili, in questo periodo storico, è importante per me sottolineare che il revival contadino di cui tanto si parla non è davvero “per tutti” o una scelta romantica slegata da dinamiche di potere e privilegio.
Conosco un sacco di persone della mia età o più giovani che desiderano da anni avere un pezzo di terra da coltivare (sia in Italia sia in altri Paesi europei), ma che per un motivo o per un altro non sono ancora riuscite a ottenerlo.
A mio avviso questo è un problema enorme, oltre che un’opportunità persa.

Terra, da una parte, “compostaggio” dall’altra: due temi che ti stanno fortemente a cuore. Parlaci di quest’ultimo…

Il compostaggio è un tema chiave nel mio lavoro, nonché uno dei miei argomenti preferiti in assoluto, forse perché è infinitamente vasto e complesso, al punto che continuerò a imparare cose nuove fino all’ultimo giorno in cui sarò in vita.
Il compost è metaforicamente e concretamente punto d’incontro tra la morte e la vita, ma anche un’insieme vastissimo di tecniche e processi naturali salvifici, all’interno dei quali si possono osservare i benefici della cooperazione interspecie.
Rispetto al mondo dei fiori, credo che sia un crimine vincolarli ad un’eredità di confezioni destinate alla discarica o a diventare microplastiche in brevissimo tempo. Questo vale anche per i fiori sbiancati o colorati con vernici, la cui alterazione per mano umana li trasforma in rifiuto inquinante, anziché materia prima vegetale che può essere compostata facilmente.

Ci racconti una tua “giornata tipo”?

In questo momento non ho giornate tipo a causa del mio lavoro. Spero, però, di poter sviluppare delle routine a partire dal momento in cui sospenderò le mie attività didattiche.

Cosa significa lavorare seguendo (e “dipendendo”) dalle stagioni?

Nel mio caso, lavorare seguendo le stagioni significa vivere la tensione tra il tempo dei cicli naturali e il tempo del sistema capitalistico. Accettare i periodi più lenti e quelli estremamente intensi, anche se questo cozza talvolta con i calendari umani o con l’imperativo alla produttività che abbiamo internalizzato. Interrogare il senso di un assetto economico che ci vuole particolarmente attivi nel momento dell’anno in cui ci sono meno ore di luce e fa più freddo, trovando al contempo modi per racimolare uno stipendio.

Si tratta di un equilibrio complicato, che posso dire con tranquillità di non aver ancora raggiunto.
Il lavoro secondo le stagioni, inoltre, è opportunità di accogliere ciclicamente compagne vegetali e animali di cui sentivamo la mancanza. Una lunga sequenza di reunion.

animali

I tuoi bouquet a chi sono destinati? Chi si rivolge a te?

Per il momento ho notato che le persone che sembrano più interessate al mio progetto sono quelle che manifestano interesse nella provenienza dei fiori e nelle tecniche agricole che ho adottato per produrli. Inoltre credo che in questo momento ci sia una brama sempre più diffusa di composizioni floreali dall’aspetto naturale, inteso come ispirato dal modo in cui le piante tendono a comportarsi quando l’intervento umano è minimo, ad esempio nello stile dei cottage garden inglesi.
Personalmente è lo stile verso il quale tendo a gravitare anch’io, forse perché sono prima di tutto giardiniere e, solo in un secondo momento, floral designer.

Completa:

  • il fiore che più ami utilizzare nelle tue composizioni: La Dicentra Spectabilis.
  • Il fiore che, per te, fa primavera: I narcisi.
  • Il bouquet che ti auto-regaleresti… come deve essere composto? Con fiori di stagione e ingredienti insoliti.
  • Cosa non deve mancare, per te, in un bouquet per festeggiare un compleanno, per festeggiare l’amore, per festeggiare l’amicizia, e per risollevarsi dopo un periodo triste? A tutte e quattro queste domande rispondo citando solo la stagionalità dei fiori, perché è il punto fermo da cui parto per realizzare tutte le mie composizioni. Gli ingredienti tendono quindi a variare molto spesso.
dicentas
Dicentra Spectabilis

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