Takoua Ben Mohamed

Takoua ben Mohamed

Classe ’91, Takoua (con l’accento sulla prima a) Ben Mohamed nasce in Tunisia e cresce in Italia, nella capitale. Studia per tre anni cinema d’animazione in Accademia a Roma e, contemporaneamente, giornalismo a Firenze.

Ora lavora in una casa di produzione cinematografica specializzata in documentari. Lì scrive progetti, realizza storyboard, aiuta nei montaggi: di tutto un po’. Ma Takoua è conosciuta anche e soprattutto per i suoi fumetti che parlano di hijab (velo), integrazione, dialogo tra culture. Instancabile, collabora con riviste online e propone laboratori e workshop sul graphic journalist. “Sono sempre contaminata da varie tipologie di pensiero, sia a livello generazionale che di background culturale – ammette -, e questo mi aiuta anche nella professione”.
La raggiungo al telefono in una calda giornata di metà settembre. Lei ci risponde dal suo letto, nella casa di Roma, da cui sta ascoltando musica.

Takoua, in una serata di presentazione del tuo fumetto “Sotto il velo”, ricordo raccontasti degli aneddoti sul tuo nome non facile da “azzeccare” la prima volta. Quali sono i modi migliori in cui sei stata chiamata?
A parte il classico Takùa, con l’accento sbagliato, sono arrivati a cambiarmi le lettere, chiamandomi Takuora o Takuona.

Scopriamo ora qualcosa in più su di te. Sappiamo chi sei professionalmente, ma personalmente?
Sono solitaria di carattere, che tradotto significa stare benissimo da soli, stare bene con gli altri. Viaggio spesso da sola e, per questo, vengo a contatto con molte persone. Questa cosa non mi dispiace.
 Mi sento, inoltre, sempre al punto di partenza, ma in senso positivo: ciò mi permette di non essere mai soddisfatta e fare sempre di più. Sono perennemente alla ricerca di chi sono io, è questo il filo conduttore di tutti i miei lavori.

A proposito di chi sei tu… Tunisina di nascita, italiana di crescita. Ti senti più tunisina o italiana?

Le due cose sono connesse. Barcollo da sempre tra questi due Paesi. Sono entrambi e nessuno. Dal 1999 al 2011 non sono andata in Tunisia e, per questo, ero arrivata a cancellarla dalla mia cartina geografica. Con la caduta della dittatura (di Zine El-Abidine Ben Alì, ndr), sono tornata nel mio paese natale, ho riscoperto la metà che avevo cancellato e che ho riacquisito.

Takoua fumetto

Tunisia, il tuo paese di origine: gioie e dolori. Quali gioie e quali dolori?
Descrivo questo nel nuovo libro edito da Becco Giallo, “La rivoluzione dei gelsomini. Dal deserto del Sahara a Roma”. In Tunisia questa rivoluzione la definiscono “della dignità”, come la chiamo anche io nel libro. Nelle pagine parlo della mia infanzia durante la dittatura e fornisco un piccolo quadro storico di chi e cosa c’era prima di Zine El-Abidine Ben Alì, parlando dell’impero Ottomano, dei francesi, del semi-dittatore (Habib Bourghiba, ndr), e poi del completo dittatore. La Tunisia non ha mai vissuto la democrazia. Ben Alì tolse ogni tipo di libertà: nel ’91 iniziò a perseguitare e incarcerare gli oppositori al suo governo. Il mio libro inizia poco prima, l’ultimo giorno d’estate del 1991, giorno della mia nascita. Racconto la mia infanzia, cosa hanno subito mia mamma, mio papà, mia zia, mio zio carcerato e ucciso e, nonostante ciò, parlo di un’infanzia felice. Grazie, infatti, alla forza perseverante di mia mamma, posso avere ricordi positivi. Tutta la storia è incentrata su di lei. E, pian piano, si passa a Roma e alla libertà – soprattutto di media e comunicazione – qui trovata e là, in Tunisia, inesistente.

Parli di Roma. Cosa ami della capitale?
Ne apprezzo l’infinita bellezza e la ricchezza di storia. Mi viene difficile pensare di andare a vivere in un’altra città, anche se molto presto dovrò andare via per lavoro. Ma torno, perché la mia famiglia è qui.

Oggi cosa chiami casa?
Roma.

Ma arriviamo alla passione per il fumetto. Come definiresti il tuo stile artistico? E il tuo stile contenutistico?
I miei fumetti non si possono definire manga, ma si possono associare ai fumetti giapponesi degli anni Settanta, un genere molto realistico.
 Lo stile del racconto riprende l’animazione francese che tratta temi sociali e politici (es. Persepolis). Mi sento anche influenzata dallo stile dello Studio Ghibli e dai cartoni realistici e drammatici, come Heidi, Belle & Sebastien…

Non solo fumetto, ma anche tanta autoironia. È un’arma di difesa?
Dipende da come la vede il lettore. Per me l’autoironia è più un mezzo di comunicazione. È importante non annoiare il lettore.

Indossare l’hijab è una tua scelta. Che messaggio vuoi trasmettere?
Io non voglio trasmettere alcun messaggio. Con “Sotto il velo” voglio far comprendere che l’hijab è un qualcosa di molto personale, deve essere considerato libertà di scelta: scelta di portarlo o no. Il velo non è cosa primaria nella religione islamica. Le cose primarie sono gli 11 pilastri, divisi in 5 pilasti dell’Islam e 6 pilastri della fede (i pilastri dell’islam sono gli obblighi pratici di ogni musulmano, i pilastri della fede sono i pilastri spirituali in cui si crede, ndr), in cui – pensa un po’ – non figura il velo. Dobbiamo smettere di giudicare la fede di una persona dalle apparenze.

Takoua sofa

Ma sotto il velo cosa nascondi? Capelli lunghi e fluenti? Corti? Ricci?

No comment. Mistero. (ride)

Con le presentazioni dei tuoi libri giri molto. Qual è l’incontro che più ti è rimasto nel cuore?
Gli incontri con le scuole, da cui ho sempre avuto un bel riscontro.

Takoua, dove ti vedi e a fare cosa tra 10 anni?

Non sono una persona che pensa a lungo termine. Mi preoccupo dell’oggi e del domani. Spero tanto che la produzione cinematografica in cui lavoro cresca. E ancor più spero di produrre il mio primo film d’animazione entro 10 anni.
Comunque step by step si arriva dappertutto.

Immagina questa situazione: sei in treno, un foglio bianco di fronte a te e una penna. Che schizzi abbozzi?
In treno ho scritto tutta la mia storia. Per me i mezzi di trasporto sono luoghi importanti per stimolare la mia scrittura. Sono i luoghi in cui incontri qualsiasi tipo di persona e questo, per me, è fonte di ispirazione.

Tunisia VS Italia

– piatto preferito dell’una e dell’altra nazione: amo la cucina mediterranea in generale, soprattutto italiana e tunisina… e il sushi!
– cantante preferito dell’una e dell’altra nazione: non ho cantanti preferiti, sono una libera ascoltatrice, dove c’è buona musica io ci sono. Vado ai concerti quando posso. Dalla musica classica a quella rap e rock. Insomma ascolto di tutto purché bello!

So che tieni molto al tuo aspetto. Il tuo outfit e il tuo make up preferiti per presentare i libri?
Sono una fanatica di queste cose. Non rinuncio mai ai tacchi, mi piacciono e poi sono una tappa, quindi mi aiutano. Inoltre non rinuncio mai al nero. Prima mi vestivo con colori molto spenti, adesso oso anche con il bianco, il verde smeraldo, colore che adoro particolarmente, il blu e il rosso bordeaux. Non metto comunque mai più di tre colori alla volta.

Takoua Ben Mohamed nei social

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